Libri. «L’educazione non è finita. Idee per difenderla» di Duccio Demetrio

«…Non riusciamo a capire che ne va del nostro destino, che la politica fa la sua educazione esplicita e sotterranea, allontanando la gente dal controllo e dalla ridistribuzione del bene comune e dei mutui interessi collettivi. Aizzandola (l’educazione) qualche volta contro quelle istituzioni che dovrebbe per prima difendere».

«…Con l’istruire chicchessia, non si raggiungono sempre i bersagli auspicati; però, almeno gli arcieri – dei quali nessuno valuta sul campo le capacità di mira – sono convinti di aver scagliato al meglio le loro frecce. Danno la colpa a chi non capisce, è svogliato, non dovrebbe frequentare i primi anni di scuola e si mettono in pace la coscienza».

«… Nuovi educatori stanno entrando in scena. Più simili a poliziotti, a giustizieri, a vendicatori, a ronde. Per mostrare che l’educazione (la loro) è ancora viva».

«Se noi adulti abbiamo paura di tutto, se invochiamo a gran voce cancelli chiusi, inferriate, sentinelle – pur con tutte le ragioni di essere preoccupati e spaventati per i tempi invasi da uomini “neri”, anche se di carnagione lattea – , come possiamo trasmettere una sicurezza che non dipende da forze di polizia, ma dalla forza del nostro carattere e delle nostre convinzioni democratiche?».

Sono alcune frasi tratte dal libro di Duccio Demetrio «L’educazione non è finita. Idee per difenderla» (Anno: 2009 – pag. 156 – Raffaello Cortina Editore – Prezzo: 11,00 euro – ISBN: *978-88-6030-245-8)

Duccio Demetrio professore universitario stanco di vedere lo sfascio delle istituzioni educative intorno a lui, stanco di vedere la decadenza culturale e umana che sta imperando e che «ritiene che ci sia sempre qualcosa di più importante dell’educazione» stanco della politica che «aizza contro quelle istituzioni che dovrebbero per prima difenderla», prende la penna in mano e scrive il suo libro più politico, probabilmente il più “arrabbiato” per parlare ai nuovi educatori che stanno entrando in scena. «Più simili a poliziotti, a giustizieri, a vendicatori, a ronde». Nuovi educatori che vogliono mostrare che l’educazione (la loro) è ancora viva. Quale educazione? L’educazione sfinita dei genitori e degli insegnati davanti ai tentativi falliti? Gli “educandi” hanno rotto le file anche se un nerbo sapiente riesce per qualche ora a tenerli in classe. Vanno a cercarsi altrove quel che non chiamano educazione […] In strada, nell’etere, interagendo tra loro, costruendo nuovi banchi virtuali e piattaforme elettroniche.

L’educazione sbiadita e derubata di idee e principi? «L’educazione, spesso lo dimentichiamo, è strettamente intrecciata alla storia delle comunità unmane, dalle più minuscole alle più agguerrite e invadenti». L’educazione impaurita degli adulti che hanno timore di tutto e vanno invocando cancelli chiusi, inferriate, e sentinelle? Hanno tutte le ragioni di essere preoccupati e spaventati per i tempi invasi da uomini “neri”, anche se di carnagione lattea, ma non capiscono che la sicurezza non dipende dalle forze di polizia, ma dalla forza del carattere e delle convinzioni democratiche.

L’educazione avvilita da una pedagogia della crudeltà in cui si umilia l’allievo un po’ diverso con punizioni corporali o mettendolo alla berlina?

L’educazione indefinita dai troppi nomi e dalle troppe pedagogie? Le definizioni dell’educazione maltrattata sono sviscerate a fondo nei 6 capitoli introduttivi del libro, ma poi arriva la reazione. No l’educazione non è finita, si può difenderla, anzi si deve; considerandola come autodisciplina che non ha bisogno di disciplinatori, convincendosi che l’educazione è liberale e non destinata a finire nella giovinezza, ma capace di durare nel tempo, prendendo atto che l’educazione è personale perché ogni individuo è unico e irriproducibile, riflettendo che l’educazione è interiore anche quando ci si trova in una folla, pensando che l’educazione è generosa quando trova la sua missione nell’altruismo, la solidarietà e il senso di fratellanza, e infine, persuadendosi che l’educazione è indocile perché si può imparare anche a dire di no.

Insomma “L’educazione non è finita” è un libro di speranza e di fiducia verso chi non si arrende, ed ha il coraggio di essere una voce fuori dal coro, perché anche quando tutte le voci saranno sopite ci sarà sempre qualcuno che prenderà la penna in mano e attraverso la scrittura esprimerà le proprie idee e la propria esperienza. Ed io lettrice ‘educata’ mi vedo specchiata nelle parole “in finis” del libro, una lunga serie di metafore che definiscono l’importanza, la dolcezza, la fatica, la sfida anche del mio percorso educativo. Chiudo con le ultime righe: «L’educazione è saggezza di comprendere quando anche per lei sia arrivato il momento di lasciarci, accettando, con rammarico, che debba accomiatarsi da noi»