Mercoledì 8 aprile 2009, alle 17,30, a Trento, nella Sala degli Affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55) il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale organizza l’incontro-dibattito «La Guerra Fredda nell’arte. Quando l’Urss decise di fermare la Biennale del Dissenso di Venezia». Incontro con Carlo Ripa di Meana.
Il Mart di Rovereto ha appena inaugurato la mostra “La Guerra Fredda-Cold War. Arte e design nel mondo diviso 1945-1970”, una ricerca su come la Guerra Fredda ha anche influito sul design, mentre sullo sfondo imperversava la lotta tra i due sistemi sociali, la corsa allo spazio e irrompeva la modernità.
In occasione della mostra del Mart, rievochiamo un episodio della Guerra Fredda nell’arte e nella cultura, che ha visto protagonista la Biennale di Venezia e l’allora suo presidente, Carlo Ripa di Meana.
Dopo aver dedicato la Biennale del 1974 al Cile, vittima del colpo di stato del generale Pinochet, Carlo Ripa di Meana compì una scelta clamorosa: decise di organizzare la Biennale del Dissenso, dedicata all’arte e alla cultura non ufficiali dei paesi socialisti. Quell’iniziativa non era “politicamente corretta” come la precedente e molti furono i tentativi di boicottarla, da quelli messi in atto in Italia alle manovre di Mosca.
La vicenda è anche stata recentemente rievocata da Carlo Ripa di Meana in L’ordine di Mosca. Fermate la Biennale del Dissenso (Liberal edizioni), un libro scritto assieme a Gabriella Mecucci.
In effetti, Mosca fece di tutto per bloccare l’edizione 1977 della Biennale, che rappresentò il primo vero atto di sostegno politico e culturale, compiuto in Italia, nei confronti di coloro che resistevano in Urss e nei paesi comunisti. Ci fu un braccio di ferro politico e diplomatico, con il Cremlino che esercitò ogni forma di pressione e di ricatto. Ma grazie al sostegno di Bettino Craxi e dei socialisti, Ripa di Meana riuscì nel suo intento e superò gli ostacoli eretti dal mondo culturale e imprenditoriale italiano. Una brutta pagina quella scritta da molti intellettuali, ma per la prima volta il sostegno al Dissenso non venne sacrificato sull’altare degli affari con Mosca. Ad uscire sconfitti furono molti personaggi della scena culturale italiana di quegli anni.
Per impedirne la realizzazione, ad esempio, si dimisero i tre direttori della Biennale, Vittorio Gregotti, Luca Ronconi e Giacomo Gambetti. Al loro posto Ripa di Meana nominò quattro esuli: Jiri Pelikan, Antonin e Mira Liehm e Gustaw Herling.
Sovetskaya kultura accusò di “deliberata provocazione” quello che chiamava “il baccanale dell’astrattismo”, mentre sulla stampa italiana non si sprecavano le dichiarazioni contrarie di intellettuali, a partire da quelle di Giulio Carlo Argan.
Quando il 15 novembre 1977 si inaugurò la Biennale del Dissenso, la sala era affollata da personalità provenienti da tutto il mondo. Solo per citarne alcuni: Leszek Kolakowski, François Fejtö, Norberto Bobbio, Nicola Matteucci e il futuro premio Nobel Iosif Brodskii, che per la prima volta lesse in pubblico fuori dalla Russia le sue poesie.
Carlo Ripa di Meana è stato dal 1974 al 1978 presidente della Biennale di Venezia. In seguito è stato deputato europeo, commissario europeo alla Cultura e all’Ambiente nelle due commissioni Delors, ministri del governo Amato e leader dei Verdi italiani. Ha guidato per due anni Italia Nostra di cui ora è presidente della sezione romana.