Mercoledì 2 aprile 2008, alle 15, a Trento, nell’Aula 17 dell’IPSSCT Battisti (Via Mattioli 8) il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale organizza l’incontro La Polonia del Novecento. Cinema. La storia di una nazione. Viene proiettato il film Solidarnosc Solidarnosc.
Il cinema polacco nasce a Cracovia nel 1915. Quando il paese ricompare sulla carta geografica dell’Europa dopo Versailles, il centro della produzione si sposta nella capitale, a Varsavia, e l’esaltazione patriottica diviene il tema dei film. Nel periodo tra le due guerre la cinematografia conserva un carattere fortemente nazionale, pagando tuttavia l’autarchia con una qualità media piuttosto scadente.
Nella Polonia del secondo dopoguerra Lodz è l’unica grande città scampata alle grandi distruzioni: sono rimasti intatti teatri e cabaret e lì, nel 1948, viene istituita la Scuola nazionale di cinema, divenendo il nuovo centro della produzione cinematografica. L’introduzione del regime comunista nel paese impone però una produzione di film stereotipati sul modello sovietico.
La parziale liberalizzazione del regime dopo il 1956 fa emergere talenti in tutti i settori della cultura. Dalla scuola di Lodz escono registi universalmente conosciuti, alcuni dei quali poi emigrati, fra cui, Konwicki, Polanski, Skolimowski, Wajda e Zanussi. Verso la fine degli anni Cinquanta la Scuola di Lódz inizia a promuovere il jazz, musica allora proibita, sia in Polonia che in tutto il blocco comunista.
Molti sono i registi polacchi di levatura internazionale. Fra questi, uno in particolare, con la sua produzione ha narrato la storia della propria nazione attraverso la macchina da presa. Si tratta di Andrzej Wajda, nato a Suwalki il 6 marzo 1926, regista teatrale e cinematografico, che da poco ha licenziato un ultimo e importante film (sulla tragedia di Katyn, dove venne assassinato anche suo padre, opera che presto arriverà anche sui nostri schermi).
La carriera di Wajda è sfolgorante fin dagli esordi. Appena diplomato (1954) alla Scuola di Lodz diventa l’assistente regista Aleksander Ford. È brillante e l’anno successivo dirige Generazione, il suo primo film. Fin da subito le sue opere ottengono prestigiosi riconoscimenti: ai Dannati di Varsavia (1957) va il premio speciale della giuria al X festival di Cannes, mentre al successivo Cenere e diamanti (1958) il premio Firpesci al XX festival di Venezia.
Wajda è indubbiamente il regista nei cui film si riflette in modo puntuale e drammatico la storia della nazione polacca. Il costume e il destino del suo popolo sono costantemente al centro della sua opera, in uno stretto legame con la letteratura e godendo della collaborazione con importanti intellettuali del suo paese.
Due suoi lavori sono particolarmente noti, forse più per l’aspetto politico che per la qualità artistica. Sono quelli sulla Polonia dello stalinismo e sulla nascita di Solidarnosc L’uomo di marmo (1976) e L’uomo di ferro (1981). L’aperta presa di posizione politica del regista viene sanzionata dalle autorità, che puniscono la sua compagnia di produzione.
La storia e la letteratura della Polonia segnano profondamente la sua opera, al punto che può davvero essere vista come una storia per immagini del suo paese.
Oltre a Wajda il cinema polacco è assai ricco di autori. Ma nell’ultimo periodo di vita del regime comunista, dopo la repressione del sindacato libero Solidarnosc, si è creato una sorta di vuoto. Nelle sale sono comparsi in gran numero film statunitensi, prima centellinaticon cura. Le difficoltà economiche poi fanno scomparire il pubblico tradizionale.
Così, quando cade il regime comunista, il panorama del cinema polacco è davvero sconsolante. Negli anni Novanta i nuovi registi iniziano produrre opere fortemente segnate dal loro tempo, dominate da una visione nichilistica dell’uomo, mentre i registi più “vecchi” faticano a trovare un linguaggio aseguato all’epoca. Il risultato è la produzione di film un po’ deludenti.
La situazione cambia con il passare del tempo. In qualche modo un film di svolta è Cani di Wladyslaw Pasikowski. I “cani” sono i miliziani del regime comunista. In questo film, veloce, con gli attori che parlano il linguaggio della strada, un funzionario della polizia segreta è tratteggiato con le tinte del coraggioso detective americano. Sorprendendo i critici, ha successo (poi sarà premiato al Festival del cinema polacco).
Si apre l’epoca del film commerciale, un qualcosa di sconosciuto alla mentalità dei registi polacchi. Con questo non si vuol dire che non vengano prodotti film d’autore: si pensi solo alla Doppia vita di Veronica e alla trilogia dei colori di Krzysztof Kieslowski, che rimane un “regista polacco” nonostante i film realizzati all’estero.
Il cinema poi si stabilizza. Nel 2005, per ricordare il venticinquesimo anniversario degli Accordi di Danzica, Wajda ebbe l’idea di raccogliere i più importanti registi del suo paese per una riflessione artistica su quegli eventi e su come era cambiata la Polonia.
Il prodotto fu l’opera collettiva (di 13 registi) Solidarnosc Solidarnosc, che ora viene proiettata dopo una breve presentazione sul cinema polacco, nell’Aula 17 dell’IPSSCT Battisti, Via Mattioli 8 (Trento), mercoledì 2 aprile, alle ore 15.