09.01.10 – Verona – Teatro: «Pornobboy»

Arriva per la prima volta a Verona il 9 gennaio 2010, nell’ambito della stagione di prosa contemporanea «Atto III» organizzata da Fondazione Aida al Teatro Filippini, «Pornobboy» della compagnia veronese Babilonia Teatri: un blob del nostro presente saturo, una critica feroce alla pornografia dei media, ore 21.

La compagnia teatrale veronese Babilonia Teatri -nel 2007 vincitrice del Premio Scenario e nel 2008 nominata ai Premi Ubu nella categoria Migliore novità italiana (o ricerca drammaturgia) con made in italy- si appresta a sbarcare a Verona con la sua ultima produzione dal titolo Pornobboy, che ha debuttato nel giugno 2009 nell’ambito del Festival delle Colline Torinesi, vetrina di novità teatrali firmate dai protagonisti della creazione contemporanea italiana e internazionale. A Verona Pornobboy andrà in scena sabato 9 gennaio 2010, alle ore 21, nell’ambito della stagione di prosa contemporanea “Atto III” organizzata da Fondazione Aida al Teatro Filippini (Vicolo Dietro Campanile Filippini 1), diretta da Simone Azzoni.

Pornobboy -di Enrico Castellani e Valeria Raimondi, e con Enrico Castellani, Valeria Raimondi, Ilaria Dalle Donne, realizzato con la collaborazione artistica di Vincenzo Todesco- fotografa il nostro tempo, la realtà e le sue contraddizioni. Va a scovare le nostre incoerenze, per scoperchiarle e riderne, con cinismo e con affetto.
Il centro dello spettacolo è il continuo bombardamento mediatico dei nostri tempi, ma anche il nostro modo di vivere e recepire tutto ciò. Il nostro farne parte. Il bisogno di mostrare, ostentare, guardare e vedere tutto. L’onnipresenza delle immagini, il fuoco incrociato di una comunicazione morbosa che rende dipendenti da particolari pornografici. Da dettagli macabri. Da una cronaca che si occupa dei fatti senza interrogarsi su cause ed effetti. Questa volta è sotto tiro l’incapacità di scindere pubblico e privato tipica del nostro tempo: il continuo mescolarsi dei piani che porta a una difficoltà di vivere e riconoscere in modo chiaro la propria identità, costretta a muoversi in un mondo liquido. Una schizofrenia in cui nuotiamo quotidianamente.

«Pornobboy non è una requisitoria sul sesso. È un blob del nostro presente saturo. Tutto viene pornograficamente mostrato. Noi ne godiamo. Ci scandalizziamo. Ci affoghiamo». Così ne parlano gli autori. Pornobboy è una produzione di Babilonia Teatri, Festival delle Colline Torinesi, Operaestate Festival Veneto col sostegno di Viva Opera CIrcus, Kilowatt Festival, Teatro Fondamenta Nuove.

Babilonia prosegue con Pornobboy [che segue la produzione di Pop star (spettacolo scanzonato per una realtà profondamente drammatica, 2009), made in italy (tagliente e ironico ritratto del nord-est e del bel paese, 2008), Underwork (su giovani e precarietà all’ingresso nel mondo del lavoro, 2007) e Panoptikon Frankenstein (ispirato dall’universo carcerario, 2006)] la sua indagine sulla società contemporanea, attraverso un codice teatrale originale che è in grado di restituire in modo efficace e graffiante il mondo d’oggi. La compagnia viene fondata da Enrico Castellani e Valeria Raimondi nel 2005, e da un progetto poi non realizzato sulla guerra in Iraq che avrebbe dovuto intitolarsi Cabaret Babilonia nasce il nome della compagnia: Babilonia Teatri.

L’attenzione crescente di pubblico e critica sta consacrando Babilonia tra le realtà più innovative del panorama teatrale contemporaneo italiano. A novembre è uscito per la casa editrice Editoria&Spettacolo il volume Iperscene 2 a cura di Jacopo Lanteri (collana Spaesamenti, a cura di Paolo Ruffini) che indaga la nuova scena italiana attraverso alcune delle compagnia di punta per il teatro di ricerca, tra cui Babilonia Teatri. Gli autori presentano così il libro: «Per un teatro pop, per un teatro rock, per un teatro punk! è una dichiarazione di Babilonia Teatri, gruppo presente in queste pagine assieme a Teatro Sotterraneo, Ambra Senatore, Sonia Brunelli, Pathosformel, Muta Imago e Dewey Dell, che potrebbe essere assunta quasi a manifesto generazionale. Se solo, forse, si potesse parlare ancora di generazione…».