Acclamata come una danzatrice di rara bravura dagli artisti e conoscitori indiani ed europei, Shantala unisce una tecnica perfetta con una morbida grazia e un’incredibile sensibilità. Dall’età di 13 anni, ha lavorato con alcuni degli artisti più famosi del nostro tempo, quali Maurice Bejart, Peter Brook, Bartabas, Pina Bausch.
Come lei balla, con leggerezza e grazia, riempie lo spazio con la sua vivacità e la sua gioia. Tutta la sua persona, la sua faccia esprimono i suoi sentimenti interni: una tenerezza che è uguale al suo talento e all’intelligenza eccellente che oltrepassano i confini della tecnica, toccando le profondità del nostro essere. Con lei, il ballo è più di un’arte che si mostra: diviene un modo di essere.
Shantala Shivalingappa, ci puoi dire qualcosa della tua vita e delle tue attività?
Sono una danzatrice indiana nello stile classico del Kuchipudi, del sud dell’india. Sono nata a Madras però vivo a Parigi che è la mia residenza principale. Trascorro circa sei mesi all’anno in India per preparare le mie creazioni con i musicisti che vivono a Madras. In Europa, poi, porto i miei spettacoli.
Quali sono le caratteristiche del Kuchipudi, le differenze e i punti in comune con il Bharata Natyam, la vostra antica danza?
Il Kuchipudi è uno degli stili classici della danza indiana. Originario del sud dell’India, si è sviluppato nello stato d’Andhra Pradesh, in un villaggio dal nome Kuchipudi. Come il Bharata Natyam e le altre maniere antiche dell’India, trova la sua radice nel Natya Shastra, trattato di drammaturgia vecchio di più di 2000 anni, in cui vi è una codificazione precisa della danza e dell’arte teatrale. Il Bharata Natyam, ha una danza pura ed una narrativa, però il Kuchipudi è più vivo, più veloce, più ritmico, molto ondulante, assai grazioso, mentre il primo è più geometrico. Il Kuchipudi attinge di preferenza i suoi canti nella tradizione poetica e lirica della lingua dell’Andhra Pradesh. Il mio maestro è il Guru Vempati Chinna Satyam, nato in una famiglia di artisti del villaggio di Kuchipudi. Egli ha fondato a Madras la sua scuola da più di trent’anni: la “Kuchipudi Art Academy”. Ha rivitalizzato lo stile Kuchipudi, epurando la modificazione dei passi di base ed aggiungendo una sua personale impronta, il gusto di un talento e di una leggiadria inaudita, di un’immaginazione e di una creatività rara. Il risultato è una tecnica di una forza, di una precisione e di un grazia estremi. Ho il grande privilegio d’averlo appreso da lui e di poterlo far conoscere oggi nel mondo.
A che età hai cominciato a danzare?
Ho iniziato molto presto verso i sei- sette anni, con mia madre la danzatrice Savitry Nair, che insegna a Parigi da più di vent’anni. Lei mi ha instradata e mi ha formato per dieci anni nello forma Bharata Natyam. In seguito ad un soggiorno a Madras, mi ha invogliata ad apprendere una variazione del Kuchipudi, nella scuola del maestro VCS. Fu per me una rivelazione. D’impulso sentii una passione per questo modo così preciso, fluido e pieno di armonia. Così decisi di studiarlo e di divenirne una professionista. Avevo 17 anni. Da allora, ho regolarmente trascorso più mesi lì per perfezionarlo.
Hai pertinenti nozioni musicali e quali?
L’intero apprendimento della danza indiana è inseparabile da quello di una musica e dal sistema ritmico, oltre che dai testi letterari dell’induismo. Danza e musica sono strettamente connessi. Non si tratta solamente di danzare al suono della musica, ma verosimilmente, di far danzare la musica dentro il tuo corpo. La nozione di musicalità è assai importante per donare vita a un recital di danza. Una danzatrice deve conoscere le differenze tra le norme e i modi musicali. Inoltre, è tenuta a conoscere le storie mitologiche che si raccontano con le danze. A ciò, se vi aggiungiamo un buon maestro che può insegnare correttamente il sistema ritmico che è la stella di fondo di tutta la coreografia, avremo il meglio.
Qual è il training di una tua giornata ordinaria, ammesso che una stella come te l’abbia?
Quando sono in India, la giornata è normalmente riempita dai corsi di perfezionamento. Si comincia molto presto al mattino, per evitare i colpi di calore. Il training dura dalle due o tre ore. Di pomeriggio noi ripetiamo ciò che poi porteremo nello spettacolo. Poi seguo un corso di canto tre volte la settimana. Invece a Parigi mi alleno da sola la mattina, anche con il canto.
Che consigli daresti a un ragazzo/a che vorrebbe avventurarsi nella danza Kuchipudi? Quali qualità dovrebbe avere e cosa evitare?
Come tutte le pratiche fisiche, sportive, la danza chiede una grande disciplina corporale e mentale. Mia madre mi ripete giornalmente che vi è il 95% di respirazione e il 5% di ispirazione. Penso che se vi è un po’ d’amore e di rispetto per ciò che si vuole imparare, la disciplina viene da sé. E’ importantissimo trovare anche un valido insegnante. Credo che nella danza come in altre cose, se uno mette tutto il suo cuore, la sua volontà, la sua sincerità, non potrà che riuscire. Una qualità oltremodo necessaria è l’osservazione: poter osservare con intelligenza e precisione e poter assimilare e riprodurre dall’osservazione.
Pensi che l’avvenire della danza indiana, avrà più occasioni di mostrarsi nel mondo? Sarà probabile l’incontro del Kuchipudi con altre forme tradizionali o contemporanee? In questo modo, la dimensione spirituale e sacra della danza classica indiana non rischia di essere sminuita?
Inevitabilmente, in seguito al fenomeno della “mondializzazione” che permette l’incontro tra artisti con orizzonti differenti, la fusione di stili e di tecniche è sempre più diffusa. E’ un passo tanto interessante ed allettante, ma altrettanto difficile. Penso che sia arduo creare qualche cosa di una vera qualità in questo campo. Certamente, gli esperimenti che sono in opera, prova che ci si potrà arrivare. Personalmente, sono per un lavoro di ricerca in questa direzione, pure guardando, da un altro lato e con un grande rigore, lo stile in tutta la sua purezza. In quanto alla domanda della dimensione spirituale e sacra della danza indiana, considero che questa dimensione è vivente per il modo di accostarsi, di vivere la danza. In India, essa non è solamente un’arte di scena, è il prolungamento di un modo di vivere, di una fede, di una pratica spirituale. La danza, non solamente quella indiana ma ogni danza, è sacra se la si vive come tale nel nostro quotidiano.
CHI E’
Shantala Shivalingappa è nata in India, a Chennai, ed è cresciuta a Parigi. E’ un esempio tipico di come si può essere figli/ie dell’Oriente e dell’Occidente. Vissuta in un mondo pieno di danza e musica, cui è stata indirizzata fin dalla tenera età dalla madre, la ballerina Savitry Nair, ha un master in danza moderna, danza classica, le due forme classiche di danza Indiana e teatro shakespeariano, oltre ad un master in antropologia. Parla 7 lingue ed ha solo 25 anni.
E’ stata con la compagnia di Brook, negli Stati Uniti, in quasi tutta l’Europa, in Giappone con un cast internazionale. Ha anche ballato in spettacoli classici francesi come Surena di Corneille e si è esibita come guest dancer in O DIDO di Pina Bausch. Si adatta al mondo occidentale mantenendo però un contatto forte con le sue radici culturali. La danza è nei suoi geni in quanto la madre è una ballerina di kuchipudi e bharata natyam della scuola di Kalakshetra nel Chennai.
Per lei il ballo ha una valenza alta: “E’ un’esperienza spirituale”, dice. Trascorre 6 mesi in India ad esercitarsi con i suoi musicisti e allestendo spettacoli, per esibirsi, il resto dell’anno, in Europa.
Quando le si chiede come fa ad affrontare così tante prove, risponde: “Le considero tutte come necessarie per il mio studio , in quanto la danza indiana è molto teatrale. La danza indiana, racconta storie attraverso le emozioni espresse con il corpo”.
Quando le viene chiesto cosa si prova ad essere un’indiana che vive a Parigi, dice di amare l’intenso stile di vita dei francesi. Se interpellata sulla sua eredità hindu afferma che per lei l’Induismo è più di una religione, è uno stile di vita. Ha l’immagine di Ganesha intorno al collo e dice che “Tutte le danze indiane sono per prima cosa una preghiera, una forma d’arte sacra. Danzando, si accende la lampada e si balla per Dio”.
Per chi volesse saperne di più cliccare su: www.kuchipudi.com